lunedì 1 luglio 2013

Debbie Bliss e gli anni ottanta


Il glamour non è mai stato il mio forte. Negli anni in cui le riviste patinate esplodevano nelle borse delle mie compagne io mi gettavo nelle inquietudini della musica degli afterhours, nei romanzi di alice munro e nei fumetti di davide toffolo (tarm). Quando ne "il diavolo veste prada" meryl streep da una lezione di vita a tutti noi io mi sono sentita come hathaway, come se mi avessero rubato qualcosa. (la qualità low-fi è voluta)

Eppure questo filato mi piace, non è solo glamour, ma è al contempo oltre che algido anche intimo. Il colore che preferisco è il Napoli: grigio, fucsia, azzurro, vinaccia e bianco; mescolati insieme e nel contempo non miscelati l'uno all'altro, come una poesia di ungaretti che fa così: "ogni colore si espande e si adagia negli altri colori/per essere più solo se lo vedi"; o come il martini di james bond (mescolato e non shakerato, of course) o come le frasi che ti rimangono scolpite dentro. 
Allora forse avevano proprio ragione i miei afterhours: non si esce vivi dagli anni ottanta!


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