Il glamour non è mai
stato il mio forte. Negli anni in cui le riviste patinate esplodevano
nelle borse delle mie compagne io mi gettavo nelle inquietudini della musica degli afterhours, nei romanzi di alice munro e nei fumetti di davide toffolo (tarm). Quando ne "il diavolo veste prada" meryl streep da una lezione
di vita a tutti noi io mi sono sentita come hathaway, come se mi
avessero rubato qualcosa. (la qualità low-fi è voluta)
Eppure questo filato mi piace, non è solo
glamour, ma è al contempo oltre che algido anche intimo. Il colore
che preferisco è il Napoli: grigio, fucsia, azzurro, vinaccia e
bianco; mescolati insieme e nel contempo non miscelati l'uno
all'altro, come una poesia di ungaretti che fa così: "ogni
colore si espande e si adagia negli altri colori/per essere più
solo se lo vedi"; o come il martini di james bond (mescolato e
non shakerato, of course) o come le frasi che ti rimangono scolpite
dentro.
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